domenica 20 maggio 2012

19 Maggio, Mariella Nava a Parabiago d'Autore

Mariella Nava a Parabiago d'Autore "Grazie per sentirmi con la luce di dentro" è la stupenda frase che ieri Mariella Nava ha scritto sul libretto del mio CD e da cui parto per fotografare la serata di ieri, mentre sono ancora percorsa dal raggio della gioia che mi hanno trasmesso le note e le parole di questa persona di eccezionale valore artistico e umano. La cornice era la sala multiuso della biblioteca civica di Parabiago, un ambiente abbastanza intimo perché fossimo tutti vicini a Mariella anche fisicamente oltre che con il cuore; Poiché il concerto era gratuito io e la zia Antonella ci siamo mosse in anticipo per assicurarci un posto e non solo ci siamo riuscite, ma abbiamo seguito questo live dalla seconda fila, a poca distanza dal palco dove è salita Mariella insieme al suo pianoforte, al contrabbasso del suo musicista Sasà Calabrese e ad una piccola tastiera (Mariella ci ha promesso suoni vari e di qualità ma la tastiera non era d'accordo perché ha dato qualche problema con i cavi!). A rendere questo concerto diverso dalle aspettative e più difficile sono intervenuti due fatti imprevisti: il tragico attentato alla scuola di Brindisi della mattina, condannato all'inizio dall'assessore alla pubblica istruzione e da tutti noi, e quel dolore sbigottito doveva tanto più trafiggere la cantautrice tarantina; Mariella ha espresso disappunto e incapacità di comprendere un tale atto come avrebbe fatto qualunque persona di buonsenso o che tale desidera apparire, ma subito dopo ha esortato se stessa e tutti a non lasciarsi abbattere e come prima canzone ha eseguito "così è la vita", ricca di pura energia e serenità, dedicando alla vita l'intero spettacolo perché "così è la vita che ci riguarda con i suoi giorni imprevedibili, un dolore che non ritarda e una spia luminosa si accende". L'altra difficoltà è stata la laringite che a causa del clima ha colpito Mariella, per la quale arrivare alle note alte era un'impresa; ma più che questa sua fatica mi era evidente la sua semplicità nel riconoscere dall'inizio davanti a noi questo inconveniente che non dipendeva dalla sua volontà, nel chiederci scusa e spiegarci di aver tenuto la sua voce registrata come aiuto nelle parti più impegnative. Era supportata da immagini e basi, ma il suo pianoforte è stato protagonista in particolare in "come mi vuoi", preceduta dal ricordo delle illustri interpretazioni di Eduardo de Crescenzo e Mina che le provocano un comprensibile disagio quando la ripropone con la sua voce, e in "da domani" dedicata a tutti gli italiani, canzone nuova che non avevo ancora apprezzato come ieri nella sua melodia e nel testo entrambi originali e toccanti; il finale “ed è per questo che ancora nasce una canzone, per dirci quanto è più importante un’emozione” mi ha fatto sembrare meno ingenua l’idea che la musica possa essere una valida alleata del coraggio e costituire con esso un motore per riaccenderci e ripartire.. Il tempo mosso che Mariella ha cercato di vestire di musica nell'ultimo disco è stato proposto dal vivo anche con "i giovani del mondo", una delle canzoni più intelligenti a me note sull'argomento; l'ho cantata quasi a squarciagola per sottolineare che anche la mia esperienza può testimoniare la verità di quelle parole: è un pezzo scritto osservando che tutte le generazioni del mondo, pur nelle loro differenze, hanno in comune sogni e speranze e il desiderio di compiere passi per migliorare questa nostra realtà. Ogni canzone è stata introdotta dalla sua autrice ed interprete, che ha dimostrato come tutte siano tappe importanti del suo percorso musicale e personale e costituiscano, se non dei successi nel senso corrente, successi per lei e per la sua vita. Così ci ha presentato "questi figli" che raccoglie i pensieri e le ansie di una madre ma scritta nel 1986 quando Mariella era ancora figlia, spedita a Gianni Morandi che la interpretò entusiasta della penna di quella ragazza. "Tornare vivo" poi intitolata "notte americana" è stata invece cantata da Lucio Dalla e io l'ho ascoltata per la prima volta dalla sua autrice; il testo racconta di un uomo vivo ma che sente dentro di sé la morte per la mancanza del suo amore, e per questo chiede alla sua donna di restituirlo alla vita con un abbraccio. Ora naturalmente, dopo la morte di Dalla, a Mariella come a noi quelle parole suonano diversamente da quel 2000 in cui sono state scritte, ed abbiamo vissuto questo momento con notevole commozione. La serata è stata tutta all'insegna della canzone d'autore anche grazie alla presenza di altri due giovani musicisti: Giacomo Crot cui era affidato l'arduo compito di aprire il concerto, che ha presentato alcune sue canzoni di un genere melodico a me poco familiare e testi piuttosto complessi, ma sicuramente di alto livello; Patrizia Cirulli cantautrice affascinante e dalla voce calda, conosciuta da Mariella in occasione di concorsi musicali, che per primo ha presentato un brano su una donna vittima di un incidente sul lavoro. Sono stati toccati altri temi delicati e scottanti, come la lotta all'AIDS con la storia del malato contenuta in "piano inclinato" e la violenza sulle donne ad opera dei propri uomini con "in nome di ogni donna"; Mariella ci si accostava con l'umiltà e il coraggio a cui mi ha abituato, come chi concepisce il proprio mestiere di musicista anche come mettersi al servizio di ciò in cui crede e delle persone senza voce. Così a mio parere non si poteva definire lei nonostante la laringite, il calore e la convinzione erano quelli che ben conosciamo noi che la seguiamo da anni; verso la fine ha esplicitato la sua passione per i pezzi alti e grintosi, che coincidono con un non risparmiarsi nella sua vocazione di regalare emozioni cercando sempre di offrirsi al massimo. Mi viene solo un aggettivo per descrivere il suo modo di stare sul palco e di fronte a noi, era bellissima. Affrontava i suoi problemi vocali e quelli tecnici correndo qua e là per il palco con il sorriso, sceglieva onestamente di cambiare la scaletta alla ricerca di canzoni che avrebbe potuto donarci nella forma migliore, tranne nel caso dell’immancabile “spalle al muro” nella quale ci ha chiesto il nostro sostegno e mi sembra che sebbene non fossimo moltissimi ci siamo riusciti, e probabilmente quel coro si sarebbe alzato anche spontaneamente! Come bis Mariella ha scelto "la strada" ed io ho camminato con la mia voce su quelle note e soprattutto parole che sento scritte per me, specialmente ora che la mia strada si sta poco alla volta delineando, sempre più simile a quella notte che segue la sua corsa chiara verso la sua mattina. Il mio primo concerto di Mariella era terminato, ma con un po' di pazienza e di fortuna le emozioni già fortissime che mi aveva trasmesso sarebbero state coronate dalla realizzazione di un piccolo-grande sogno, sette anni dopo l'incontro all'auditorium di radio Italia e il suo memorabile epilogo. Mariella è tornata sul palco dopo pochi minuti dall'ultimo brano e il pubblico, formato quasi interamente da membri del fans club alcuni dei quali avevano macinato un certo numero di chilometri, si è radunato in piccola folla nella sua direzione. Molti di noi avevano con sé uno o più dischi da farle autografare, desideravamo un istante in più da conservare nella memoria in compagnia di Mariella e per questo eravamo disposti ad aspettare; io e la zia più di tutte perché eravamo le ultime ma l'attesa non mi creava alcun fastidio, era importante solo non aver niente a che fare con chi spinge e chi urla impazzito e ha niente da festeggiare. L'agitazione all'idea di parlare a Mariella si è fatta subito sentire e per reagire ho cominciato a strappare risate alla zia con battute sciocche (devo recuperare il mio neurone che è andato a farsi una passeggiata, altrimenti me la trovo davanti e non fiato! Ma come, a sedici anni ero più incosciente? Va bene, ce la posso fare). Non so quanto siamo rimaste in fila, come sette anni fa da un certo punto in poi mi giungeva la voce di Mariella e di nuovo percepivo quanto fosse deliziosa con tutti. Mi è sembrata comunque un'attesa breve e quando è arrivato il mio turno l'abbraccio di Mariella mi ha scaldato e ha rallentato i miei battiti che negli ultimi minuti erano troppo aumentati. Le ho prima di tutto ricordato il mio nome e che ci eravamo incontrate tempo fa e l'avevo ringraziata per il suo sito così ben costruito e accessibile... e contro ogni mia aspettativa anche lei mi ricordava! Le ho rivolto i miei complimenti per il concerto e ho rievocato con entusiasmo la sua apparizione al raduno clab di Claudio Baglioni di quello stesso 2005 in cui l'avevo conosciuta al programma serale di radio Italia. Le ho detto testualmente "hai fatto una Mezzaluna da annali" e lei sorridendo ha precisato "con la chitarra di Andrea Pistilli, è bravissimo e ora gira con Fiorella Mannoia"; altra sorpresa il fatto che anche per lei fosse stato un momento così importante da ricordarne volentieri e distintamente i particolari, per me è una delle pagine più ricche e meravigliose del libro della mia vita a tempo di musica! Nel frattempo Mariella ha finito di scrivermi sul libretto la frase che poi legge a voce alta "grazie per sentirmi con la luce di dentro" così pregnante nella bellissima sinestesia che contiene, e in risposta non mi è riuscito di dire altro se non un grazie a mia volta, sincero come sette anni fa. Mentre parliamo la zia ci fa una foto e poi Mariella stessa mi invita a prepararmi per un'altra in posa; sono ancora commossa dalla dolcezza con cui mi aiuta a posizionarmi e suggerisce alla zia dove scattare la foto per prenderci bene al centro, e mi rimarranno scolpiti nel cuore quei pochi secondi di noi abbracciate e sorridenti che durante lo scatto ci stringiamo appena l'una all'altra con infinita tenerezza. Ci salutiamo ringraziandoci di nuovo a vicenda e all'uscita la mia felicità è quasi totale estasi... Mariella, mi auguro di rivederti ancora per fermare un frammento del nostro tempo mosso nell'eternità di una vera emozione, e se possiamo non fra sette anni!

giovedì 17 maggio 2012

14 maggio, semplice e inspiegabile (a uno spettatore)

Ti scrivo senza conoscere il tuo nome né la tua voce e il tuo aspetto, anzi a dire la verità di te so soltanto una cosa: ieri sera ti trovavi dove mi trovavo io, cioè al concerto di Pacifico al teatro franco Parenti. Forse hai notato il mio sguardo vacuo quando ho volto il viso nella tua direzione, ma non so se hai fatto caso alla mia presenza tra tanta gente. Mi piacerebbe chiederti come e perché sei arrivato a questo concerto e cosa ti ha lasciato, ma più di tutto raccontarti quello che è stata per me la serata di ieri, perché mi sono sentita davvero una goccia in un oceano sconfinato quanto il Pacifico, ed ho bisogno che tu mi conceda qualche minuto per ascoltarmi e che mi dia una voce, mi faccia capire che hai condiviso una parte delle mie emozioni. Prima di entrare nei dettagli vorrei darti un’idea dello stato d'animo in cui io sono arrivata al teatro, ed a questo scopo, poiché non conosci la mia storia, ti riassumo brevemente la giornata di ieri, intensissima come spesso accade nella mia vita di studentessa universitaria: la mattina presto ho tenuto una lezione sulla disabilità ad un gruppo di aspiranti formatori aziendali, ricchissima di domande e riflessioni interessanti; subito dopo ho seguito due ore di storia romana, noiose quanto basta, sulla legione in età classica. Un pranzo veloce con alcune amiche prima delle prove del coro, un'ora di canti polifonici; poi le mie tre ore di lavoro volontario al centro culturale di Milano, diventate quattro grazie ad una spedizione alle poste con tanto di compilazione di ricevute di ritorno assegnatami all'ultimo minuto. Risultato, ero tutt’altro che a mente sgombra e avevo mezz'ora scarsa per prepararmi al concerto che avevo atteso con ardore e da cui mi aspettavo i fuochi d'artificio specialmente dopo quello che è successo lo scorso 12 aprile, quando ho ricevuto il regalo di un incontro con Gino Pacifico che non dimenticherò facilmente. Però, Tutta questa giornata era stata attraversata dal filo sottile di un pensiero, questa sera mi fermo. Ed era proprio quello che dovevo fare e che avrei fatto,, perché il nostro Pacifico non si impone, non rompe gli argini, ma entra quando gli lasciamo lo spazio e arriva piano piano agli angoli più profondi. Era vicino a noi pubblico caloroso della sua città, ho concordato pienamente con lui sul non avvertire la distanza che protegge gli artisti da quel contatto che li espone ad emozioni più forti. Sarebbero sufficienti i due aggettivi del titolo, che ho scelto in maniera non troppo originale, a descrivere l'aspetto saliente del concerto: semplice perché non c'erano scenografie mirabolanti ma i musicisti sul palco che con semplicità hanno suonato ed interpretato le canzoni; un gruppo affiatato, o almeno questa era l'impressione dall'esterno, strumenti ed effetti del disco “una voce non basta” scelti con cura a riempire di valore ogni singolo momento dello spettacolo, e Gino al centro della scena a dare unità e fascino all'insieme con la sua voce calda. Ma inspiegabile, non solo per la mia incapacità, ma anche perché per tutto il tempo non mi ha abbandonato la sensazione che mancasse qualcosa, non nel concerto ma in me e in come lo stavo vivendo; strano, a mille concerti mi è capitato di essere accompagnata per gentilezza da qualcuno che durante lo spettacolo è assente con i suoi pensieri, d'altra parte non posso pretendere che un altro si costringa a provare emozioni che non gli appartengono. Però ieri avevo un bisogno insistente di quella corrispondenza di sensazioni e di battiti, non so spiegarne il motivo ma è per questo che ora ho deciso di rivolgerti direttamente il mio racconto. Era come un niente, un millimetro che mi separava dal vivere una felicità quasi completa, come di sogno, eterea e senza definizione. Avrei voluto parlarti e sentire dalla tua voce che eri lì per Gino e che anche a te stava donando tesori che non riusciamo a misurare. È vero tuttavia che ci sono stati istanti in cui ero ferma in volo lieta e senza ombre,e non so se puoi credermi, più spesso quando Pacifico si diffondeva nei suoi interventi parlati che nelle canzoni… che vuoi farci, sarà una mia deformazione di letterata ma mi ha conquistato da subito il suo modo di usare le parole, sia quando seguiva i suoi testi scritti sia quando improvvisava. Che meraviglia per una ragazza della mia età entrare in un ricordo come quello della notte del 1969 davanti al televisore che si spegne formando una specie di spirale, pensando con la fantasia di un bambino di allora a come doveva apparire la faccia della Luna, con i suoi mari asciutti e i suoi crateri; a proposito, io i pigiamini che scoppiano non li ricordo per niente! La città non catturava gli sguardi come adesso, ho provato a calarmi in quella dimensione per qualche secondo e a recuperare una briciola di quella sana ingenuità, che difficilmente oggi sarebbe la stessa se al di sopra delle case si manifestasse improvvisa e splendente una seconda Luna, nuova e tutta da scoprire. La passeggiata attraverso Milano, tra le case e le insegne improbabili dei negozi della periferia, mi ha trasportato in una realtà che posso solo sfiorare, sia perché non vedo e mi perdo tutti questi dettagli, sia perché da quasi due anni abito in pieno centro e il panorama è piuttosto differente. Mi avrai visto quasi piangere dal ridere al momento di Smog, in quel gioco con il pubblico dove la parte più divertente a mio avviso era l'ironia di Pacifico nei confronti di se stesso (è l’unica canzone in cui non tenere le braccia conserte!). Con l’accompagnamento di questa canzone è solito presentare il gruppo (ma guardateci, siamo in 8, quindi andiamo avanti fino alle 3! Era una battuta ma fino a un certo punto, nel senso che raramente ho sentito presentare dei musicisti così diffusamente nelle loro qualità artistiche e umane (ma questo è solo l'inizio, poi leggerò il curriculum di ciascuno!). Le lettere S M O G prima pronunciate con la forza della rabbia, dopo due o tre tentativi di cui evidentemente il nostro mattatore non era soddisfatto; poi in un sussurro corale, anche qui riuscito dopo qualche titubanza, per la sorte dell'ambiente che a lungo andare conduce a un senso di dolorosa impotenza. Ho trovato preziosi i passaggi delle due ospiti, Cristina Marocco era emozionata e ricca di grazia come ha detto Pacifico nell’introdurla, ma anche di gratitudine per quel pubblico italiano per lei meraviglioso! Malika Ayane almeno per me non è stata proprio una sorpresa... ero al teatro Verdi tre anni fa, Pacifico prima del tour ha parlato di ospiti diversi a seconda delle città, e due più due fa quattro. L'ho apprezzata soprattutto su "verrà l'estate" eseguita in modo se possibile ancora più acustico che al Verdi, senza i campanelli e con un ruolo ugualmente centrale di piano e chitarra; in questa veste la canzone non perde la freschezza, ma ogni nota sembra essere al posto giusto nell'armonia semplice e piena di speranza che accompagna il testo. Non sono stata per niente a braccia conserte durante “Pacifico”, al Verdi l'avevo ascoltata per la prima volta con immenso piacere e qui l'ho cantata muovendomi a tempo di musica, perché in una nuova prima volta quel vortice di venti contrari, di cui l'oceano smisurato e incontrollabile è la metafora, si concentrava nel poco spazio della mia poltrona, ricreando nella mia fantasia l’impressione di esserne al centro come è capitato almeno una volta nella vita di ciascuno di noi. Simona Severini è stata instancabile nell'aggiungere il suo timbro limpido e robusto a brani cantati nelle versioni originali in duetto con gli artisti più vari. Si è alzata sola la voce di Pacifico, se ben ricordo, soltanto durante "in cosa credi” eseguita con un accompagnamento più essenziale che nel disco, chitarra e archi; mi ha stupito ilcalore che Gino ha trasmesso nella sua interpretazione, forse nell’originale prevale il vibrato e il colore deciso del timbro di Manuel Agnelli e perciò il contrasto mi è parso più forte. Altra sorpresa è stata la stessa “Semplice e inspiegabile”, da cui mi sono lasciata conquistare più che mai, grazie alla voce di Simona che dà più sostegno al brano rispetto a Cristina Donà, e alla tonalità in cui la voce di Pacifico sulle note basse arrivava a una profondità che trovo irresistibile; gli effetti degli archi davano un tocco in più di quella semplicità cristallina in cui si imbatte chi osserva nella sua realtà un paesaggio o il rapporto con una persona cara, così semplice da essere inspiegabile, cioè da non lasciarsi racchiudere in spiegazioni che peraltro non sono necessarie, basta uno sguardo libero e attento a coglierne la totalità e le sfumature. Sono forse noiosa, ma ci tengo a fissare quegli istanti per i quali proverò sempre una gratitudine autentica come quella gioia che ho faticosamente affidato a queste parole; consegnarli a te significa finalmente colmare quei vuoti d'aria di solitudine come una goccia sospesa nel vento, perché acquistino quella chiarezza che altrimenti non avrebbero e costruiscano insieme un'immagine di Gino sempre più precisa e inondata di una luce che va oltre la serata di ieri. Grazie dunque per ricevere queste mie istantanee ed avermele restituite più nitide, così semplici e inspiegabili.