domenica 22 luglio 2012

Valeria Vaglio, recensione del brano "ore ed ore"

Valeria Vaglio, cantautrice barese di 29 anni, si pone all'attenzione del largo pubblico nel 2008 quando presenta al festival di Sanremo nella categoria nuove proposte il brano "ore ed ore". A marzo dello stesso anno esce il suo album "stato innaturale", che contiene dieci brani inediti da lei composti tra cui quello sanremese ed una cover della celebre "Oggi sono io" di Alex Britty. Colpisce di Valeria la grazia straordinaria che deriva dalla scelta accurata delle parole di una ricercatezza senza affettazione, alle quali si adattano le melodie di volta in volta fresche o gravi ma mai stucchevoli, e dall'interpretazione sobria, dalle note diritte, talvolta sussurrate e tuttavia nient'affatto asettica, anzi con una forte carica emotiva. Questo perché Valeria è protagonista delle sue canzoni che non raccontano intere storie ma momenti di esse scanditi dai pensieri che li accompagnano, e l'autrice sembra parlare a se stessa anche quando usa il tu, raccoglie e conserva attraverso la musica spaccati di vita e moti interiori. Non sente sempre il bisogno di indicarne il contesto ma tende a dare a ciascuno un valore di per sé, e spesso si riesce ad immaginare intorno ad essi una storia solo grazie a piccoli accenni o particolari linguistici: alcune canzoni come "ore ed ore", "le carezze e la ferita", "fotografia" hanno come cornice un amore omosessuale, e ne è l'unica spia l'uso al femminile degli aggettivi e dei pronomi riferiti al partner; Valeria rifugge da qualunque retorica e non afferma da nessuna parte l'uguaglianza tra amore omosessuale ed eterosessuale, perché essa emerge da sola se è vero che ad entrambi sono comuni la gioia infinita di perdersi nell'altro dimenticando tutto o il dolore del tradimento e della fine. Nessuna dichiarazione diretta o proclama, solo emozioni pure e svincolate dalle circostanze, raccontate con garbo e naturalezza. Il brano "ore ed ore" ci trasporta nell'atmosfera carica di nostalgia di una giornata invernale in cui la protagonista, nella casa che ormai non condivide più con la compagna, è sopraffatta dai ricordi di un amore che è finito senza che potesse evitarlo per colpa di un tradimento; non si dice altro sulle ragioni, lei stessa sa solo di non potervisi sottrarre e non cerca invano parole che possano spiegarle; tuttavia da più di un verso sembra che Valeria manifesti una propria ingenuità negli atteggiamenti quando la passione era ancora viva ("ma come ho fatto a non capire", "tradire è una follia, io non ne avevo idea", ma non si rimprovera per questo e in definitiva si arrende al fatto che non esiste una spiegazione che possa convincerla e non suonare come una scusa a posteriori che offende il sentimento che lei e la compagna hanno vissuto. Nelle strofe Valeria si rivolge alla compagna e le comunica i suoi pensieri, comincia con un futuro con cui dichiara la sua consapevolezza che ormai la fine è reale e senza rimedio, e non cambierà le cose il fatto che lei desideri ricominciare; l'inciso invece è fatto solo dai ricordi del loro amore che tornano spesso prepotenti tanto da non poter essere ignorati, e questo mi fa pensare che la storia si sia chiusa da poco tempo. È costante la dialettica tra passato e presente, ben espressa anche dall'uso dei tempi verbali, ed essi sono ad un tempo inseparabili ed antitetici: lei è ben sicura che il passato non potrà più rivivere e cerca di allontanarlo un poco da sé eliminando le piccole cose che lo evocano (penso ad espressioni al futuro indicativo come "non metterò mai più il maglione rosa e blu" o "non sarò più io a dirti..."), ma non per questo si è spento il suo desiderio, il suo cuore e la sua mente sono tutt'altro che rassegnati a questa realtà, le immagini di quell'amore e la passione provata non si possono rinchiudere in un armadio come i maglioni (non te lo dirò mai ma ti amo ancora sai, lascerò la porta aperta fosse anche per vent'anni o per un'eternità"). In mezzo a questi pensieri riesce soltanto a pregare che prima o poi finisca quest'inverno reso tetro dalla solitudine intollerabile, in un ambiente e tra oggetti che suscitano ricordi che non le faranno ritrovare la quiete; in quel tempo precedente di cui parla solo al passato, mentre fuori era freddo e nevicava le ore non passavano monotone ma ricche d'amore, ogni gesto e odore era parte di un rituale sacro che solo lei e la compagna conoscevano ed in quel silenzio il tempo per loro diventava eternità.

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